• Estremi:
    Cassazione civile, 2017,
    • Fatto

      RITENUTO IN FATTO

      L'Agenzia delle Entrate nell'anno 2007 notificava a D.L. un avviso di accertamento, per l'anno di imposta 2004, con il quale, facendo applicazione degli studi di settore, accertava maggiori ricavi non dichiarati per un importo di Euro 46.000, con determinazione del corrispondente maggior reddito di impresa ai fini Irpeg ed Irap ed una maggiore imposta a debito ai fini Iva.

      Il contribuente proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Bari che lo accoglieva con sentenza del 5.11.2010.

      L'Agenzia delle Entrate proponeva appello, rigettato dalla Commissione tributaria regionale con sentenza del 5.12.2011. Il giudice di appello riteneva imprescindibile, ai fini della legittima utilizzazione ed applicazione delle "metodologie settoriali di accertamento" che l'Ufficio dovesse preliminarmente "esperire quelle indagini a cui è facultato dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, e D.P.R. 26...

    • Diritto

      CONSIDERATO IN DIRITTO

      1. Primo motivo: "violazione e falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, richiamato dalla L. n. 146 del 1998, art. 10", nella parte in cui ha ritenuto che l'Ufficio, prima di ricorrere all'impiego degli studi di settore, debba accertare l'esistenza di "irregolarità" nella situazione contabile del contribuente.

      2. Secondo motivo:"insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio", nella parte in cui ha ritenuto che l'Ufficio abbia omesso di indicare le ragioni per le quali non ha accolto interamente le giustificazioni fornite dal contribuente in sede di contraddittorio, e nella parte in cui ha non ha ritenuto rilevante qualsiasi scostamento ma solo quello indicativo di una "grave incongruenza", non ravvisato nel caso di specie in quanto la differenza tra ricavi dichiarati dal contribuente e quelli quantificati dall'Ufficio era solo del 4,23%.

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